Ricerca: guerra tra poveri

Rubrica: Mondo accademico

Sono cinquanta i ricercatori che, avendo raggiunto quaranta anni di anzianità, dovranno abbandonare l’Università degli Studi di Messina. Lo stabilisce un provvedimento difeso a gran voce dal Rettore dell’Ateneo, Francesco Tomasello, per ragioni economiche e generazionali. La motivazioni addotte dal Rettore in una lettera allegata all’articolo sono state contestate da ricercatori, sindacati e associazioni che ora «chiedono con forza al Magnifico Rettore un incontro urgente per discutere dell’argomento al fine di arrivare a decisioni condivise».

Ai tagli, chi si occupa di Università, è già abituato; la novità sta nell’aver introdotto nel dibattito il problema del ricambio generazionale. In questo contesto si colloca per esempio la critica dell’Apri (Associazione Precari della Ricerca Italiani) al Ministro Gelmini: l’assunzione di migliaia di ricercatori – più volte annunciata – non ha infatti avuto seguito e così i giovani rimangono a braccia conserte in attesa della grande occasione. Oppure – com’è noto – volano all’estero.

Chi difende la decisione dell’Ateneo messinese sottolinea l’importanza del turn-over, del passaggio di competenze, bisogna affiancare nuove leve a chi ha già esperienza. Ma per farlo è davvero necessario che alcuni “anziani” si facciano da parte per lasciare il posto ai più giovani? L’impressione è che, ponendo la questione in questi termini, si stia cercando di incoraggiare una guerra tra poveri per distogliere l’attenzione dal problema reale: la crisi della ricerca italiana. Se di anno in anno non si riducesse il numero di ricercatori, questi non sarebbero obbligati a ragionare secondo logiche di competizione generazionale.

La competitività comporta innumerevoli vantaggi ma la selezione allora dovrebbe essere fondata su basi meritocratiche, non badando a dettagli anagrafici, e l’Università degli Studi di Messina sta selezionando i ricercatori tenendo conto soltanto degli anni di servizio. Se davvero si vuole proteggere il know how e favorire il passaggio di conoscenze, bisognerebbe affiancare ai migliori i più promettenti, non semplicemente i giovani ai “vecchi”.

Manfredi Pomar
(febbraio 2010)

- ALLEGATI -
Nota del Rettore del 27 gennaio