Prossime alla chiusura 466 Scuole di specializzazione

Rubrica: Mondo accademico

Dopo i tagli ai finanziamenti, i tagli ai corsi di laurea e i tagli ai ricercatori, una nuova ondata di tagli ministeriali stanno per abbattersi sull’Università italiana: è il caso delle Scuole di specializzazione delle Facoltà di Medicina. In ben 466 chiuderanno i battenti a seguito della riforma varata con il decreto Miur firmato lo scorso 5 febbraio; una razionalizzazione, questa, che in realtà non modifica né il numero di specializzandi né il costo che ognuno di loro comporta per gli Atenei, ma mira a una ottimizzazione della gestione.

Gli specializzandi confluiranno principalmente nelle scuole degli Atenei più grandi, a danno delle Università di minori dimensioni. La Sapienza di Roma, per esempio, aggregherà al suo interno ben 60 scuole; all’Università degli Studi di Catania chiuderanno in 12, ma è a e Foggia che spetta la maglia nera: ne perderà 20 su 21.

Già molti, tra docenti e rettori, hanno dichiarato guerra alla riforma, e, d’altra parte, non potrebbe essere diversamente: ogni intervento pubblico è redistributivo, ma ciò che in molti sembrano non accettare sono i criteri adottati per stabilire chi fosse degno di diventare capofila e chi invece dovesse essere aggregato. Questi i quattro parametri di valutazione: dotazione di docenti, volumi di attività della rete formativa, adeguatezza delle dimensioni della facoltà, assegnazione media di almeno tre contratti nel quinquennio 2003-2008.

Dulcis in fundo – requisito non vincolante – il numero degli iscritti alla scuola di specializzazione: ben 327 scuole contavano infatti soltanto uno specializzando. Vista sotto certi aspetti, riesce difficile pensare che una riforma di questo genere non fosse in qualche misura necessaria. Solo il tempo ci dirà se invece hanno ragione quanti ipotizzano che la riforma comporterà costi aggiuntivi per gli Atenei.

Manfredi Pomar
(maggio 2010)