Fuori-corso ancora per poco

Rubrica: Ateneo palermitano

L’ora è giunta per gli studenti che avevano intenzione di rimanere parcheggiati all’Università degli Studi di Palermo per anni e anni, dovranno adesso cominciare a darsi una regolata. Lo stabilisce un provvedimento dell’Ateneo che cerca di mettere un po’ di ordine tra quei 35 mila studenti (su 62 mila) che, secondo un recente censimento, non sono in regola con i tempi previsti per la laurea.
Gli studenti dei corsi di laurea quinquennali di vecchio ordinamento avranno tempo fino alla sessione di laurea straordinaria dell’anno accademico 2012-2013 per raggiungere l’ambito traguardo, quelli di nuovo ordinamento non potranno invece andare oltre il quarto anno fuori corso.

Il provvedimento risolverà alla radice quello che è un annoso problema dell’ateneo palermitano, il sovrannumero di studenti fuori-corso. Tra i critici c’è chi sostiene che sarebbe stato il caso di chiarire per quali ragioni molti studenti non riescono a terminare gli studi nei tempi previsti prima di prendere un’iniziativa tanto radicale ma l’intento non è certamente quello di danneggiare gli studenti, come confermato dall’attivazione di appositi corsi di sostegno per gli studenti in ritardo sulla data di laurea.

Dietro la decisione, la necessità di ottimizzare. Con la riforma Gelmini infatti l’elevato numero di studenti fuori-corso diventerà un fattore penalizzante nell’assegnazione dei finanziamenti, dunque non era più possibile rimandare un intervento di questo tipo che, senza dubbio, spronerà chi è rimasto indietro a rimboccarsi le maniche. La meritocrazia passa anche da qui.

«Una causa non indifferente dell’alto numero di abbandoni che ancora caratterizza il nostro sistema» ha  recentemente sostenuto il ministro Gelmini  «è l’inadeguatezza della sede rispetto al numero degli studenti che la frequentano» e in effetti dovrebbe esser chiaro a tutti che un sovraffollamento delle Facoltà rispetto alla reale capacità delle strutture finisce col danneggiare la qualità generale dei servizi offerti. Dunque benvenga una simile iniziativa, impopolare agli occhi di chi ha scambiato gli studi universitari per un passatempo qualsiasi, difficilmente a quelli di chi invece li ha presi per quello che sono: un momento – mai termine fu più adatto – di formazione.

Manfredi Pomar
(gennaio – febbraio 2011)