Il DDL Gelmini

Rubrica: Mondo accademico

Mentre l’Università italiana agonizza, il Consiglio dei Ministri ha sfornato un Disegno di Legge – a firma Gelmini – che riguarda l’ennesima “riforma” degli Atenei.  Nel momento in cui davvero sarebbe servito un Decreto Legge – data  l’urgenza di uscire dal presente e pericoloso stallo – ecco che, invece, arriva un mega DDL di 15 articoli, 69 commi, 123 sotto-commi sparsi su 28 pagine. Senato e Camera dovranno discutere un DDL che  contiene tante e tali novità da scatenare, sicuramente, il potere bloccante delle lobby universitarie così ben rappresentate in Parlamento. C’è dunque il pericolo che tutto cambi per non cambiare nulla, di gattopardesca memoria. In queste condizioni, l’approvazione del DDL sarà raggiunta – ottimisticamente e dopo sostanziali modifiche – nella primavera del 2010. Ma, con quel traguardo, non vorrà dire che la “riforma” delineata dal DDL possa partire.
La parte più importante del DDL consiste nell’articolo 5, esteso su 37 sotto-commi e cinque pagine, che delega il Governo a emanare – entro dodici mesi – uno o più decreti legislativi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario. Quindi, passeranno ancora almeno diciotto mesi prima che la “riforma” possa emettere i suoi primi vagiti.

E poi ci sarebbe l’ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca), su cui si impernia gran parte del DDL, che sarebbe potuta partire almeno un anno fa ma di cui il DDL non dice quando potrà funzionare a pieno ritmo.

Il grosso dilemma dell’Università italiana consiste nella domanda se – per rivitalizzare un sistema in preda all’entropia – ci sia bisogno di maggiore (cioè completa) autonomia oppure di maggiore centralizzazione. Le forze di centro-destra si sono sempre espresse per l’introduzione del “mercato” (il che implica maggiore autonomia decisionale) in tutti i livelli universitari, mentre le forze di centro-sinistra si sono sempre espresse per il  mantenimento della centralizzazione e contro il “mercato” che hanno sempre assimilato ad una privatizzazione del sistema universitario.  È curioso, pertanto, che il DDL Gelmini abbia scelto una maggiore centralizzazione. Ma, come sempre in questi casi, la centralizzazione necessita di un torrente di dettagli da estendere capillarmente su tutto il territorio nazionale e paradossalmente, quindi, essa va contro gli obiettivi di efficienza e qualità asseriti dal DDL.

Così stando le cose, è del tutto prematuro commentare in dettaglio il DDL Gelmini, dal momento che parecchi articoli subiranno, con elevata probabilità, sostanziali modifiche. L’aspetto che, verosimilmente, non cambierà riguarda i tagli al fondo di finanziamento ordinario voluti da Tremonti che faranno arretrare ancora di più le Università italiane nelle classifiche internazionali.

Quirino Paris
(dicembre 2009/gennaio 2010)

- ALLEGATI –
Il Disegno di Legge Gelmini