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EDITORIALE

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periodico di informazione universitaria

Storie di ordinaria follia

L'argomento dell'articolo di apertura di questo numero mi ha fatto sudare più dei 38 gradi all'ombra di questi giorni di calura palermitana. E dire che, a parte qualche rara eccezione, io non sudo mai ...

Non credo alle coincidenze, in casi del genere: un motivo ci sarà perché gli Atenei siciliani siano stati snobbati dal resto del mondo accademico nazionale tanto da essere esclusi dal Network per la valorizzazione della ricerca scientifica universitaria recentemente istituito e che riunisce trentaquattro Atenei italiani.

Trovo inquietante quest'assenza (se fossi in Latteri e nei due Silvestri, i tre rettori accademici siciliani, mi preoccuperei).
Tanto più che coincide con un generale declassamento - a livello locale - a mio parere solo apparentemente motivato dal passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Perché tutto è nato quasi in sordina, ma scivolare dal vecchio al nuovo per gli Atenei siciliani non è stato per niente indolore. Tutt'altro. Non contesto l'idea del ministro e anzi l'approvo: la possibilità, dopo tre anni, di poter considerare concluso il proprio processo formativo e di potersi avviare produttivamente nel mondo del lavoro quando nei propri programmi non ci sono bienni specialistici di approfondimento è un fatto indubbiamente di grande importanza. Ma chi, al contrario, ha in programma di continuare i propri studi per concludere il quinquennio del tre più due, dovrebbe poterlo fare presso l'Ateneo scelto sin dall'inizio del proprio percorso universitario. Dunque, per i giovani studenti siciliani, in Sicilia.

Ma è davvero così? No, non lo è. Al contrario, pare che gli Atenei siciliani siano deputati soprattutto a sfornare "laureati brevi". Perché se è vero che spulciando tra le varie Facoltà si riesce a individuare il corso che fa più al proprio caso, concluso il triennio, molto spesso non si trova, in ambito locale, il biennio di specializzazione collegato al tipo di corso di studio fino a quel momento seguito e (con ostinazione) perseguito.

Prendiamo il caso della scuola di giornalismo della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Palermo.
Con il nuovo ordinamento già parte male: il vecchio corso di laurea in Scienze della Comunicazione-indirizzo Giornalismo è stato sostituito da Giornalismo per Uffici Stampa: una scelta che da un lato tende a una preparazione più settoriale e specialistica (tutto dipende poi, naturalmente, da come vengono affrontati i programmi ...), ma dall'altro può non coincidere con le prospettive di specializzazione dello studente: non tutti gli aspiranti giornalisti, infatti, mirano a compiti di addetto stampa e l'offerta didattica, pertanto, non può essere limitata a questo particolarissimo settore.
Ma supponiamo che al nostro studente vada bene la prospettiva di lavorare in un ufficio stampa.
Che fa, allora? I quiz di ammissione, naturalmente, essendo il corso di laurea a numero programmato; oppure aggira l'ostacolo della selezione frequentando il triennio di Lettere moderne alla Facoltà di Lettere, che tra gli "sbocchi occupazionali" include anche la carriera giornalistica. Concluso il triennio, il nostro studente, già "laureato breve", decide però di proseguire con il biennio specialistico.
Che fa, a questo punto? Il minimo, in questi casi: cercare nell'ambito del proprio Ateneo il biennio di suo interesse e che, naturalmente, ha a che fare con l'indirizzo scelto.

Ma di bienni di specializzazione in giornalismo nell'Ateneo palermitano non c'è neanche l'ombra (non prendiamo nemmeno in considerazione gli altri due Atenei che non hanno neppure una scuola riconosciuta dall'Ordine), visto che il corso di laurea specialistico in Scienze dell'Informazione afferente alla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, nonostante la denominazione che può dar adito ad equivoci, niente ha a che fare con l'ambito giornalistico.
Insomma, il povero studente del nostro esempio o si accontenta della laurea breve oppure è costretto a emigrare verso altri e più qualificati lidi, del nord o del centro Italia.

Come prospettiva non è poi tanto male: con qualche milioncino (in vecchie lire) per le rate della struttura (se si tratta di struttura privata) più quelli per il vitto e l'alloggio, magari diventerà un giornalista doc, ma resterà orfano di padre e di madre, morti intanto di crepacuore per sopravvenuta bancarotta familiare.

Altro eclatante esempio. Proprio la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali di cui sopra.
A Palermo, la scuola matematica, (il "Circolo matematico"), negli anni d'oro dell'Ateneo - dal dopoguerra alla seconda guerra mondiale - godeva di fama internazionale e di grande prestigio sono stati i nomi di coloro che l'hanno frequentata o che vi hanno insegnato.
Oggi gli aspiranti matematici palermitani, dopo la laurea di primo livello, se decidono di rimanere nella loro Facoltà, possono scegliere tra le seguenti lauree specialistiche: 1) Risorse biologiche marine 2) Biotecnologie per l'industria e la ricerca scientifica 3) Fisica 4) Scienze dell'informazione 5) Analisi e gestione ambientale.

Ma lo vedete voi un matematico specializzato in fisica o in risorse biologiche? Io, con tutti gli sforzi possibili, sinceramente no.
Un cattivo servizio ai giovani aspiranti matematici palermitani, questa innovazione/involuzione, dunque, oltre che uno schiaffo a decenni di "onorato prestigio" dell'intera categoria.

Insomma, vero è che io sono una frana in matematica, ma se uno più uno fa due (fino a qui ci arrivo ...), comincio a capire il perché di certe assenze siciliane dal Network dei trentaquattro qualificatissimi (e non strampalati) Atenei nazionali ...

f. p.

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