diretto da Francesca Patanè

gennaio 2005 numero 37

La Cittadella liberata

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di Francesca Patanè

Anno nuovo, vita nuova per la Cittadella universitaria palermitana di viale delle Scienze.
Come leggerete sull'articolo di apertura, con una circolare di addio al vecchio anno, datata 6 dicembre 2004, il direttore amministrativo dell'Ateneo ha dichiarato guerra al caos della "zona franca" di viale delle Scienze, sede appunto della Cittadella universitaria.
Il sistema è di quelli duri, per la serie "o fai come ti dico oppure non la trovi".
La macchina, si intende, regolarmente prelevata con una puntualità quotidiana davvero stupefacente dal carro attrezzi, che sembra essere appostato dietro l'angolo per farti bau-setti appena ci provi.
E cioè nel caso di:
1) posteggio affiancato ai cordoli centrali eretti a bella posta (se sopravvivono agli urti degli automobilisti incompetenti che, com'è già accaduto, vanno a schiantarcisi sopra)
2) posteggio selvaggio in doppia, tripla, quadrupla, ... fila (compreso quello di certi arroganti docenti che in quanto acclarati tali pretenderebbero di lasciare le loro fuoriserie regolarmente chiuse a bloccare le utilitarie di certi dipendenti vittime del sistema)
3) sosta "allegra" su marciapiedi, aiuole, anfratti, ingressi, a destra, a sinistra, al centro dei vialetti laterali non dotati di cordoli, tettoie e cofani di auto posteggiate precedentemente.

Nonostante i mugugni dei soliti idioti autoforniti o motoattrezzati, l'aria che si respira adesso in zona, al paragone, sembra quella delle alpi svizzere.
Durerà? E quanto? Sono queste due domande che mi tormentano ogni giorno, da quando riesco finalmente a uscire dal mio posteggio prima dei soliti dieci minuti buoni per:
1) scoprire chi è il deficiente di turno
2) ottenere di fargli spostare macchina o moto
3) riuscire a sgommare prima di arricchire la mia già nutrita collezione di parolacce, sguardi intimidatori e sorrisi di commiserazione.

Durerà? E quanto? Perché, signori, parliamoci chiaro: qui le novità funzionano solo all'inizio, e quando dico qui intendo Sicilia forse, Palermo certamente, viale delle Scienze e Ateneo con ogni probabilità.
Come le cinture di sicurezza. Nei primi mesi (e fortuna che non sono stati solo giorni, già questo è un successo della legge) sembravano tutti dei soldatini, allineati, corretti e ... legati, secondo legge; ora vallo a trovare un automobilista palermitano che sia uno con cintura di sicurezza regolarmente allacciata durante la guida.
E d'altra parte chi è quel "fesso" che in assenza di punizione decide di non delinquere? (a Palermo, intendiamoci).
Perché se è vero che non si trova un automobilista non in difetto, è altrettanto vero che un vigile che ti fa la multa perché non hai indossato la cintura di sicurezza, ora che la legge è già vecchia, a Palermo non lo trovi nemmeno se lo cerchi col lanternino.
E mica è l'unico caso.
Prendiamo il casco. Nelle altre città italiane si trova in testa dei motociclisti e ben allacciato, a Palermo glielo vedi sulla testa (sottile, ma sostanziale differenza tra in e sulla) a mo' di cappellino, oppure sul collo al posto della sciarpa o al braccio invece della borsetta. E sulle strade molti ammazzati, ma pochi multati.
Ma all'inizio no, era tutta un'altra cosa. All'inizio ogni due ruote era cascoprotetta e per i furbi c'erano, dietro l'angolo, i vigili sanzionatori ...
Proprio come gli angeli sterminatori di viale delle Scienze, che dall'inizio dell'anno con il carro attrezzi sterminano, appunto, ogni velleità libertaria di sosta selvaggia sul nascere. Ogni giorno. Almeno per ora.
La speranza è che l'attuale efficienza non venga considerata, da loro per primi, ma anche dall'Ateneo che ha lanciato il messaggio, solo un "fatto educativo di tipo straordinario".
Come i vigili al tempo delle nuove norme su caschi e cinture.
Speriamo di no, mi dispiacerebbe molto altrimenti, perché i dieci minuti di attesa quotidiana prima di poter liberare la mia auto dalla morsa selvaggia degli incivili patentati che tornerebbero a infastidire le mie giornate, non sono soltanto un leggero disagio personale derivante da arroganza generalizzata, ma una collettiva e vergognosa sconfitta civile.


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