aprile 2005 numero 40

cultura
Il nettare di Caterina
"Il miele è il nettare dei fiori. L'amore è il nettare dell'uomo"

di  Francesca Patanè

nella foto: La copertina del volume

Sarà per antico retaggio cultural-letterario, sarà perché chiunque di tasca propria ha il diritto di pubblicare pure l'elenco della spesa, ma in Italia i libri di poesia sono veramente troppi ed è impossibile recensirli tutti, anche nell'ipotesi più ottimistica che vi se ne possa trovare una qualche utilità.

Personalmente la scelta di non trattarne risale ad anni fa, quando, dopo essermi imbattuta in certi strafalcioni linguistici travestiti da poesia, ritenni che non io avrei dovuto adattarmi al testo, ma il testo avrebbe dovuto adattarsi a me (il che, realizzabile solo in un'ipotesi fantastica, mi ha salvato in tutti questi anni dal recensire libri di poesie).

Ma ogni regola ha la sua eccezione. La mia si chiama Caterina Vennerìa.
Una poetessa? Non ne ha la pretesa. Un dirigente della Pubblica Amministrazione? Sì, ma non credo che le interessi sottolinearlo. (Interessa a noi, però, notare quanto possa non essere arido a volte un dirigente di Pubblica Amministrazione).
Una donna? Forse è meglio. Una donna e basta.
Perché nell'universo femminile, oltre il tempo e le stagioni anagrafiche, è ancora racchiuso ciò a cui spesso "l'altra metà del cielo" guarda un po' con timore e un po' con quell'aria di sufficienza tipica degli idioti: il sentimento.

Nelle poesie della Vennerìa amore fa ancora rima con cuore.
E questo forse non piacerà agli intellettuali mentalmente disturbati che fanno dei loro autoerotismi cerebrali ambìti oggetti di culto (ambìti da chi è un altro discorso).

Il gusto, semplice e pure raffinato, delle piccole cose, il piacere di leggere e di capire perché quello che si sta leggendo è chiaro, e soprattutto ha un significato reale: ecco quello che ci regalano i versi - in lingua e in vernacolo - di Caterina Vennerìa.

C'è chi crede che per approdare all'Olimpo della Cultura, uscire dall'anonimato del quotidiano più sciatto e diventare un leader traboccante di fascino e carisma occorra parlare "difficile".
Più parli difficile e più la gente non ti capisce, ma - cosa essenziale nella nostra società dell'apparenza - finge di capirti.
E più finge di capirti e più ti segue. (E tu diventi qualcuno. Fondato sul niente, ma pur sempre qualcuno).

La nostra poetessa, lontana dai legacci cui gli obblighi di ricerca della notorietà costringono, è uno spirito libero. E, come spesso accade in questi casi, non cerca pubblico, non cerca seguito, non cerca attestazioni e conferme, non è costretta a compromessi, né a ipocriti "scambi" di convenienze e a logiche di opportunismo più becero.
Lei scrive e basta. Quello che ha dentro e che pressa per uscire. Per sé, per la sua famiglia, per gli amici che la circondano.
Ed è strano come chi si imbatte per caso nei suoi versi possa in così poco tempo - un verso, un lampo, un guizzo di amore traboccante e sincero - comprendere, e forse scoprire, cosa conti davvero nella vita.


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