diretto da Francesca Patanè

aprile 2005 numero 40

Per molti, ma non per tutti

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di Francesca Patanè

Non posso far passare sotto silenzio la scomparsa del Papa, anche se l'argomento non è attinente ai temi che trattiamo.
Non dirò molto, perché in questi giorni di accanimento mediatico è stato già detto troppo, qualche volta anche a sproposito.

La notizia della morte di Giovanni Paolo II ha sconvolto le anime dei cattolici, convertito qualche non credente, riportato su quella che la Chiesa considera la "retta via" alcuni recalcitranti.
La presenza del mondo intorno alla sua salma, poi, è stata in gran parte effetto del lavoro svolto in 27 anni di pontificato (oltre che del suo carisma) - che gli ha fatto guadagnare persino l'apprezzamento dell'Islam e un quasi mea culpa di quell'Alessio che in Russia non volle mai riceverlo - ma anche della globalizzazione (e degli eccessi) a cui ormai siamo abituati.
In tempi di Internet non si può più non pensare e non agire in modo "globale". Volenti o nolenti. Anche quando la morte, persino quella di un personaggio pubblico, richiederebbe raccoglimento e discrezione.
Non credo che Karol Wojtyla avrebbe approvato tutto questo clamore. Ma questo è un altro discorso.

Sono state tante le definizioni che di lui hanno dato i giornali, i politici italiani e stranieri, il mondo ecclesiastico. Tutti quelli che contano hanno detto qualcosa. Ma solo una frase è riuscita a sintetizzare perfettamente la "filosofia wojtyliana": "Ha avvicinato la terra al cielo". Era di un barbone polacco.

Qualcuno ha detto che Giovanni Paolo II ha una statura da "grande papa medievale". Qualcun altro lo chiama "reazionario".
Io dico che è stato uno che ha fatto bene il suo mestiere. Uno che, provenendo da un Paese dell'Est come la Polonia, dove professarsi cristiano dinanzi al sistema sovietico richiedeva grande coraggio, ha proseguito con coerenza secondo le sue scelte; uno che non avendo esperienza di Curia e di diplomazia vaticana, coi suoi duecento viaggi, ha interpretato il compito che gli era stato affidato non come Capo di Stato, ma come missionario; uno che "dall'interno del suo sistema", salendo come massimo rappresentante della Chiesa sul banco degli imputati, ha scelto di chiedere una sfilza di perdoni: agli Ebrei, a Galileo Galilei, a Giordano Bruno; uno che da papa cattolico e in linea col dettato della sua religione ha condannato l'uso del profilattico e definito "innaturale" l'omosessualità (vogliamo leggere com'è descritto l'atto sessuale nei testi di medicina?).
Per alcuni questa è intransigenza, per altri coerenza ai propri principi religiosi.
Ragioniamo, però. Al di là delle convenienze e spogliandoci delle implicazioni personali.
E' "obiettivamente" ammissibile in una visione religiosa e fideistica della vita accettare l'unione tra due uomini o tra due donne?
E se il rapporto sessuale dalla religione cattolica "pura" (non da quella forzatamente annacquata di chi tenta di salvare capre e cavoli) è considerato solo in una prospettiva di procreazione, come poteva Giovanni Paolo II ammettere l'uso del preservativo?

Essere laici non significa essere faziosi.
Il Papa ha il compito di affermare e salvaguardare la dottrina del Vangelo, possiamo negarlo? Compito che egli svolge in un alveo religioso, anche questo è incontestabile.
Se non condividiamo, padroni di farlo. Ma chi si professa cattolico molto spesso oggi dimentica la coerenza a quei principi nei quali egli stesso dice di credere.
Un cattolicesimo di "tradizione" che Karol Wojtyla ha voluto combattere per lasciare il posto a un cattolicesimo di "convinzione".
Un riesame delle coscienze cui ha indotto tutti, atei e agnostici compresi, al di là dei risultati da ciascuno raggiunti.

Dobbiamo essere grati comunque a chi ci costringe a riflettere.

E consentitemi alla fine una nota a margine per giustificare il titolo di questo editoriale.
La stampa palermitana ha scritto che, in occasione del funerale del Papa, tutto il personale dell'Università di Palermo avrebbe sospeso l'attività per un'ora, per poter seguire la diretta televisiva delle esequie.
Non è esatto. In realtà la circolare rettorale ha previsto per tutto il personale due minuti di silenzio in coincidenza con l'inizio della cerimonia funebre e la sospensione per un'ora dell'attività didattica.
A parte che sospendere per un'ora, visto che la durata prevista e ufficializzata per la cerimonia era di due ore, significava permettere la visione solo di mezza cerimonia, la concessione è stata fatta non a tutto il personale, ma solo al personale docente.
Evidentemente, secondo qualcuno, Giovanni Paolo II era un Papa per molti, ma non per tutti.


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