settembre 2006 numero 57

attualità
Il codice etico terapia giusta per guarire la malauniversità italiana?
Bologna ritiene di sì e fa da apripista. E Firenze la segue...

di  f. p.

nella foto: Il rettore dell'Università di Bologna Pier Ugo Calzolari

Forse risolverà ben poco: per osservare un codice etico bisognerebbe prima accertarsi che ci sia effettivamente un'etica in chi dovrebbe osservarne il codice.
Oppure sarà l'uovo di colombo che risolverà tutti i mali dell'Università italiana.
I risultati si vedranno a lungo termine.
Ma è un fatto già degno di considerazione che alcuni Atenei stiano provando a mettere i paletti per cambiare, e soprattutto a sentirne l'esigenza dopo averne verificata la necessità.

L'Ateneo di Bologna ha recentemente varato il suo Codice etico per regolare le corrette relazioni sia interne, sia esterne all'Università.
Il Codice "vuole coinvolgere tutti coloro che operano nell'Ateneo e dare indicazioni su temi molto delicati".

A presentarlo con una lettera a tutti i colleghi, pubblicata sulle pagine web dell'Università bolognese, lo stesso rettore Pier Ugo Calzolari.
"Si tratta - scrive il rettore - del tentativo, forse primo in Italia, di stabilire norme di comportamento per alcune materie sulle quali non interviene la legge nazionale".

Il Codice - inviato a tutto il personale dell'Ateneo e dal quale non deriveranno sanzioni disciplinari, ma solo richiami da parte del rettore su segnalazioni della Commissione prevista dal testo - si ispira ai valori fondamentali della Costituzione italiana e della Magna Charta Universitatum ed è sintonizzato sui codici etici delle principali Università del mondo.

Le linee guida che propone in materia di etica di comportamento spaziano all'interno di temi come libertà accademica, conflitto d’interessi, proprietà intellettuale, abusi (sia di tipo fisico, sia di tipo psicologico), nepotismo e favoritismi vari.

Anche l'Università di Firenze si è avviata sulla strada segnata da Bologna cominciando a parlare di etica - e soprattutto di guerra al nepotismo - in un Convegno organizzato nei giorni scorsi dai docenti che aderiscono alla Federazione lavoratori della conoscenza (Flc) della Cgil.
"L'Ateneo di Firenze nell'Università che cambia" - questo il titolo del Convegno - ha anche posto l'accento sul sistema di reclutamento del personale docente e sulla valutazione dei risultati.

Rimandando all'indirizzo web dell'Università di Bologna per la lettura integrale del suo Codice etico, pubblichiamo qui di seguito uno dei passaggi più attuali, quello appunto che dovrebbe sconsigliare il malcostume delle selezioni per amicizia, parentele o intrallazzi di cuore.
E che certamente non mancherà di far discutere, nel bene e nel male, tutti gli addetti ai lavori:

Art. 6 - Nepotismo e favoritismo

L’Università di Bologna disapprova il nepotismo e il favoritismo, in quanto contrastanti con la dignità umana, con la valorizzazione dei meriti individuali, con l’onestà, l’integrità, la professionalità e la libertà accademiche, con l’equità, l’imparzialità e la trasparenza, e richiede ai professori, ai ricercatori e ad ogni altro membro dell’Università di astenersi da tale costume e di riferire con coraggio alla commissione etica i casi di condotte sospette.
Ricorre nepotismo quando un professore, un ricercatore, o un componente del personale tecnico-amministrativo, direttamente o indirettamente - anche nei casi di ricorso a fondi esterni - utilizzano la propria autorevolezza o capacità di persuasione per concedere benefici, favorire incarichi o chiamate, influire sugli esiti concorsuali o sulle procedure di selezione riguardanti, in particolare – ma non esclusivamente – la fase iniziale della formazione nella carriera universitaria (borse di studio, contratti, borse per dottorato di ricerca, assegni di ricerca) o il primo ingresso di figli, familiari o conviventi, compresi gli affini.
In caso di carriera accademica si presume nepotismo qualora:
(a) vi sia coincidenza o affinità fra il settore scientifico-disciplinare del protettore e quello del protetto; e/o (b) il protetto debba svolgere la propria attività nell’ambito dello stesso dipartimento del protettore.
Salvo prova contraria, si presume nepotismo l’appartenenza del protettore e del protetto alla stessa facoltà.
Al nepotismo sono assimilate le pratiche di favoritismo di un professore nei confronti dei propri allievi, intese come condotte arbitrarie in contrasto con il buon nome dell’Università, con i valori di onestà e imparzialità e con l’interesse di altri candidati obiettivamente meritevoli ed eccellenti nell’avvio iniziale o nei passaggi successivi della carriera accademica.
L’accertamento dei casi di nepotismo e favoritismo da parte della commissione etica richiede un approccio che tenga conto del contesto e delle circostanze, al fine di bilanciare i diversi valori in gioco ed evitare arbitrarie discriminazioni di candidati obiettivamente meritevoli ed eccellenti.


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