diretto da Francesca Patanè

aprile 2007 numero 64

Was deleted without being read

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di Francesca Patanè

Miracoli dell'informatica ai tempi di Internet, che rivela tutte le magagne della Pubblica Italica Amministrazione.

Il Ministero dell'Università e della Ricerca - incapace, finora, di rispondere adeguatamente alle esigenze del settore, nell'occhio del ciclone per scelte opinabili e trasversalmente criticate, che fa dubitare dell'opportunità della sua esistenza ogni salotto buono dell'intellighentia italiana - fa acqua da tutte le parti, questo è risaputo. Indipendentemente dai ministri che si succedono.
E' l'istituzione, infatti, a essere obsoleta, a non riuscire a stare al passo con le nuove realtà nazionali ed internazionali, a non aver saputo trovare il giusto equilibrio tra autonomia degli Atenei e necessità di controllo che un Ministero, se c'è e fin quando c'è (non entro nel merito dell'opportunità della sua esistenza), deve esercitare, se non vuole rischiare quello su cui siamo già così bene avviati: la totale anarchia in un ambiente malsano di malauniversità radicata e generalizzata.

Credevo però che in tutto questo bailamme almeno un settore si salvasse, un settore che è di vitale importanza in ogni amministrazione, pubblica e privata, che funziona o che ha la pretesa di funzionare: quello della comunicazione.

Lascio a voi giudicare se al Ministero dell’Università e della Ricerca italiano esistano davvero buoni comunicatori, ovvero personale in grado di gestire in modo sereno e diretto i rapporti coi media, un efficiente anello di congiunzione, insomma, tra l'istituzione e il resto del mondo.
Personalmente mi sono già fatta un’idea.

Certo - prima che lo osserviate voi, lo dico io - il mio giornale è poca cosa davanti a certe testate, so perfettamente che per molti (fortunatamente non per tutti) esiste, in fatto di considerazione, una stampa di serie A e un’altra di serie B.
Per quanto mi riguarda, sono ben felice che Ateneo Palermitano appartenga alla seconda, se questo significa non doversi sottomettere ai legacci dell’opportunità e dei condizionamenti politico-editoriali. Questo giornale non rende conto a nient’altro se non alla mia coscienza e alla verità, non postulata, ma cercata attraverso l’esperienza. Perché sono i fatti, alla fine, quelli che contano.

Perciò, se a me risulta che l'ufficio stampa del Ministero dell'Università e della Ricerca in Italia considera potere un servizio e come tale lo utilizza, io lo scrivo. Senza peli sulla penna.

Qui però occorre fare un netta e pubblica distinzione. Perché una cosa è dire ufficio stampa del Ministero dell'Università e della Ricerca e un'altra, ben diversa, è parlare di addetti alla comunicazione della Direzione Generale dell'Università al Ministero afferente, che ha un suo responsabile, il quale risponde senza solleciti persino a me che sono una piccola giornalista di periferia (del sud, per di più), e non per stroncare sul nascere qualsiasi mia velleità di "incontro ravvicinato" col suo capo (prova ne è l'intervista-fiume che il direttore generale Antonello Masia, mi ha rilasciato in esclusiva, in apertura di questo numero), ma per aderire a una richiesta legittima di una collega, responsabile di un "servizio", che lo aveva contattato per poter chiarire con il responsabile di un altro "servizio" (anche i direttori generali, come i ministri e gli uffici stampa, offrono "servizi") alcune questioni che stanno a cuore a tutti gli italiani, anche, probabilmente, a quel ministro Mussi che, per motivi indipendenti dalla nostra volontà e forse anche dalla sua, non abbiamo potuto incontrare.

Intendiamoci, non è automatico che a una richiesta debba seguire necessariamente una risposta positiva, però, come si dice, est modus in rebus.

Perciò - fatta salva la libertà del ministro di concedermi o meno un’intervista e fatta indubbiamente salva anche la sua estraneità al modo in cui dal suo ufficio stampa è stata gestita l’intera questione - era proprio necessario che i responsabili della comunicazione del Mur per mesi, dopo averle lette (che forza, l'informatica!), lasciassero le mie e-mail senza risposta?
Era necessario, rispondendo ai miei ripetuti solleciti telefonici, che si aggrappassero a lungaggini burocratiche senza alcun significato se non quello di ritardare ulteriormente l'esito della richiesta? O che si schermassero con inverosimili giustificazioni del tipo "non siamo ancora riusciti a vedere il ministro", come se la stanza del responsabile di quel Ministero fosse a chilometri e chilometri di distanza e l'uno e gli altri non fossero continuamente in contatto? (so come funziona un ufficio stampa, quando funziona).
Era proprio necessario alla fine, negandomi l'appuntamento, inviarmi un’ e-mail dal tono quasi infastidito e soprattutto senza firma personale in calce o, per meglio dire, in forma anonima?

Ma il massimo di “cortesia” professionale è stato raggiunto dal servizio-comunicazione del Ministero proprio il giorno fissato per l'intervista con il dottor Masia, due ore di chiacchierata concluse con un buon caffè.

Dopo l'incontro con il direttore generale, accompagnata molto cordialmente dal suo addetto stampa, mi sposto di pochi metri, qualche porta più in là, direzione ufficio stampa del Mur.
Coi dovuti modi e facendo presente la mia temporanea e limitata permanenza a Roma, manifesto ancora una volta il desiderio di incontrare il ministro. Mi dicono: ci rimandi un'e-mail. Un'altra? Nonostante io sia presente in carne e ossa? Strana burocrazia, penso, ma appena in albergo pazientemente ubbidisco.

Sarebbe stato, il giorno successivo, quello giusto? Probabilmente no, visti gli impegni del ministro (io non tendo imboscate con microfono e telecamera!).

Mi aspettavo dunque un altro legittimo diniego, non mi aspettavo invece che la mia e-mail, quella espressamente richiesta dalle due dipendenti presenti in quel momento nell'ufficio stampa del Mur, a distanza di qualche ora venisse cestinata - da loro o da chi per loro è lo stesso - prima ancora di essere letta.

“Was deleted without being read”: inequivocabile il messaggio automatico di ritorno nella mia casella di posta elettronica, inaccettabile la commedia recitata dalle due responsabili dell'informazione ministeriale, che avrebbero sicuramente guadagnato più punti nella mia considerazione professionale se mi avessero confermato, anche con ferma determinazione, l'impossibilità di un incontro col ministro, piuttosto che ricorrere a mezzucci ridicoli e senza senso come quello a cui hanno fatto ricorso (per liberarsi di una presenza fastidiosa? per un malinteso senso del potere, come dicevo?, o per qualche altra ragione che fortunatamente mi sfugge?).

Non credo che al ministro Mussi arriverà mai notizia di quest’ editoriale, ma se per caso dovesse accadere che per una serie di fortuite e fortunate coincidenze lo leggesse, un consiglio mi piace darglielo: caro Signor Ministro, se davvero vuol cambiare l'Università italiana cominci col cambiare il suo ufficio stampa.


 


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