gennaio 2008 numero 73

attualità
Una chicca per il collega Boldrini
Perché gli Atenei non reagiscono alle accuse di malauniversità?
La risposta in un articolo del 1983...
 

di  Francesca Patanè

nella foto. Giuseppe Fava

Ogni anno, a gennaio, ripenso a Pippo Fava. Di tanto in tanto scrivo qualcosa. In questo numero lo richiamo più volte: un modo per fargli sapere, là dov'è adesso, in qualsiasi posto sia, che non l'ho dimenticato.

Giuseppe Fava, giornalista e scrittore catanese, si era opposto coi suoi articoli ai “cavalieri” della città, i maggiorenti che a quel tempo dettavano la storia economica, politica e sociale di Catania.

E' stato ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984.

***


Torniamo ancora una volta all’intervento di Maurizio Boldrini sul “Corriere dell’Università e del Lavoro” dello scorso dicembre, oggetto di una nostra replica sul numero precedente di questo giornale - chiamato in causa insieme al suo direttore responsabile dallo stesso Boldrini in una forma tutt’altro che gradevole e anzi decisamente irritante - per soccorrere il collega e aiutarlo, per analogia, nella comprensione di un mondo – quello universitario – che sebbene lo accolga in qualità di docente a contratto alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Siena – egli pare non conoscere affatto.

Lo facciamo regalandogli una chicca scritta da Giuseppe Fava venticinque anni fa e purtroppo sempre attuale a certe (degenerate) condizioni.
Una chicca che Boldrini, per essersi chiesto pubblicamente come mai gli Atenei non reagiscono alle accuse di malauniversità e soprattutto per non aver saputo trovare da solo la risposta, certamente ignorerà.

Novembre 1983. In un teatro di Catania mettono in scena la più recente opera teatrale di Giuseppe Fava, "Anteprima dell'Ultima violenza”, una storia di scandali e corruzioni tra i potenti. Sulla scena per tre ore sfilano personaggi di tutti i tipi, buoni e cattivi, giusti e iniqui, galantuomini e mascalzoni: gli uomini del potere secondo Fava.
In sala, ad assistere all’opera, ci sono tutti i rappresentati del potere catanese dell’epoca: personaggi equivalenti a quelli rappresentati sulla scena.
Alla fine dello spettacolo è un’ovazione collettiva: tutti applaudono, tutti si complimentano.

Fava, nell’ultimo editoriale scritto per “I Siciliani”, commenta così:
“Il clima morale della società è questo. Il potere si è isolato da tutto, si è collocato in una dimensione nella quale tutto quello che accade fuori, nella nazione reale, non lo tocca più e nemmeno lo offende, né accuse, né denunce, dolori, disperazioni, rivolte. Egli sta là, giornali, spettacoli, cinema, requisitorie passano senza far male: politici, cavalieri, imprenditori, giudici applaudono. I giusti e gli iniqui. Tutto sommato questi ultimi sono probabilmente convinti d'essere ormai invulnerabili”.

(Ah, Boldrini, Boldrini! Se tu non ti fermassi a leggere solo gli articoli di malauniversità...)

 

 


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