settembre-ottobre 2008 numero 80/81

attualità
Premiati in Belgio sei economisti agrari europei. Tra loro
gli italiani Michele De Benedictis e Quirino Paris
I Fellow sono stati assegnati al Congresso dell’ European Association
of Agricultural Economist che quest’anno ha avuto luogo a Ghent, in Belgio
 

di f. p.

nella foto: Michele De Benedictis (a sinistra) e Quirino Paris

Sono stati assegnati quest’anno a Michele De Benedictis, Quirino Paris, Csaba Csaki, Jo Swinnen, Stefan Tangermann e Vinus Zachariasse i Fellow che l’Associazione Europea degli Economisti Agrari (EAAE) ogni tre anni attribuisce come riconoscimento di eccellenza nelle attività professionali del settore.

I sei “Oscar” sono stati consegnati per la prima volta nel corso del Convegno dell’Associazione, che quest’anno ha avuto luogo a Ghent, in Belgio.

Significativo il riconoscimento professionale per i vincitori, dal momento che criterio principale per la selezione – come si legge nelle motivazioni ufficiali – “è il contributo rilevante e continuato al progresso dell’Economia agraria in ambito europeo, dimostrato dai vincitori con contributi eccezionali nel corso degli anni in almeno due delle aree seguenti: scoperte di ricerca; eccellenza nell’insegnamento; eccellenza nell’amministrazione e contributo straordinario alla professione mediante prestazione di servizi pubblici”.

Ma chi sono i premiati di questa prima edizione?

Csaba Csaki è professore e direttore del Dipartimento di Economia agraria all’Università Corvinus di Budapest; Michele De Benedictis professore emerito di Economia all’Università di Roma “La Sapienza”; Quirino Paris professore all’University of California, Davis; Johan Swinnen professore e direttore del Centro per le Istituzioni e i Risultati economici all’Università di Leuven, Belgio; Stefan Tangermann direttore della Divisione Trade and Agriculture all’OECD, Parigi e infine Vinus Zachariasse, professore all’Università di Wageningen, Olanda: tutti esponenti di spicco nell’ambito dell’Economia agraria internazionale.

Leggiamo le motivazioni del premio dei due italianissimi De Benedictis e Paris: non solo due personalità del settore, ma anche due personaggi “scomodi” all’establishment accademico nazionale, noti entrambi per le loro battaglie per la giustizia e per l'autonomia intellettuale.

Michele De Benedictis, oltre a essere, come già detto, professore emerito di Economia all’Università di Roma “La Sapienza”, presiede l’Associazione di Ricerca Manlio Rossi-Doria. Nel 1989 è eletto membro dell’ Accademia Nazionale dei Lincei, la più antica e prestigiosa Accademia Scientifica Italiana, fondata nel 1555. Nel 1976 il presidente della Repubblica italiana lo nomina membro del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, un Organo costituzionale che ha il compito di esaminare e discutere temi economici e sociali per conto del Governo e del Parlamento.
De Benedictis partecipa attivamente alla fondazione della European Review of Agricultural Economics. Nel 2000 gli viene conferito il titolo di membro a vita della International Association of Agricultural Economists.
Nel 1979 pubblica, assieme a Vincenzo Cosentino, un testo di Economia della produzione che porta a una innovazione fondamentale nei metodi di insegnamento tradizionali della gestione dell’azienda agraria in Italia: per oltre vent’anni il testo principale di riferimento nella gestione dell’azienda agraria per diverse generazioni di economisti agrari italiani. Nel 1980 il libro riceve il prestigioso premio Saint Vincent per l’Economia.
Michele De Benedictis - un leader nella professione, una voce forte in favore del rigore scientifico e un mentore di molti colleghi - è dunque tra i più visibili e influenti economisti agrari italiani e il suo sforzo e la sua leadership hanno contribuito in modo significativo al progresso e alla statura della disciplina.
Ma De Benedictis, come già detto, è anche un “personaggio scomodo”, un “perturbatore” degli equilibri accademici baronali. E per dimostrarlo rispolveriamo l’articolo che egli scrive nel lontano 1986 per la rivista “La questione agraria”, dal titolo molto significativo: “Requiem per un concorso”. Un articolo che già allora entra direttamente in polemica con il sistema di reclutamento dei professori universitari partendo da un concorso la cui Commissione d’esame era stata sorteggiata, ma con ogni probabilità “concertata” già tempo prima.
In quell’articolo De Benedictis, senza peli sulla… penna, commenta i risultati del maxi concorso nazionale a 36 posti per professori di prima fascia nel settore dell’Economia agraria, risultati che gli economisti agrari del tempo criticano con espressioni che vanno dall’esultanza alla vituperazione come punti estremi di una gamma consistente e articolata di riserve e perplessità. Egli esprime parecchie riserve, tra l’altro, sui criteri di valutazione che avevano guidato le scelte della Commissione giudicatrice del concorso. Commissione composta da: A. Antonietti (presidente), A. Bacarella, F. Bellia, L. Idda, G. Marenco, A. Panattoni, M. Prestamburgo (Segretario).

Dunque in quella Commissione anche Antonino Bacarella, Francesco Bellia, Lorenzo Idda e Mario Prestamburgo: ovvero alcuni dei principali protagonisti della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il professore Quirino Paris e di cui abbiamo ampiamente scritto su questo giornale (quattro su sette).

La “cupola” accademica di cui ha scritto Paris sconvolgendo l’intellighentia nazionale nasce dunque in quel concorso? Forse. Un fatto è certo: che, come ogni storia baronale accademica che si rispetti, dopo la pubblicazione di quell'articolo, De Benedictis - in onore del quale, per i suoi ottant’anni, lo scorso primo ottobre è stato organizzato al Cnel di Roma il Convegno “Agricoltura territorio e sviluppo” e presentate (relatore, tra gli altri, lo stesso Quirino Paris) alcune riflessioni sui nodi tematici del suo percorso scientifico - fu isolato ed estromesso da tutti i concorsi. La “cupola” non perdona.

Ma torniamo ancora una volta ai Fellow.
Quello ricevuto da Quirino Paris, da anni tra i nostri più illustri collaboratori, non ci sorprende.
Leggiamo nelle motivazioni ufficiali dell’assegnazione: “I suoi contributi alle metodologie della programmazione matematica, teoria dell’economia della produzione, applicazioni delle tecniche di massima entropia, progresso tecnico indotto, sono ampiamente noti e citati.
Per il suo lavoro di frontiera con Michael Caputo sul progresso tecnico indotto dai prezzi relativi, nel 2006 ha ricevuto il Premio per la Qualità delle Scoperte di Ricerca dell’American Association of Agricultural Economics.
Paris ama le sfide intellettuali e le idee innovative. Infatti la sua creatività nel trovare nuove strade per affrontare problemi fondamentali di economia è piuttosto notevole. È probabile che questa sua abilità trovi la fonte ispiratrice nel suo profondo desiderio e nel suo sforzo indefatigabile di andare alla radice delle cose... Egli guarda al di là della scatola degli attrezzi degli economisti e introduce nell’attività della professione filoni di ricerca propri di altre discipline…”.

Come abbiamo già detto, Quirino Paris non è dunque solo uno degli economisti agrari italiani che più coraggiosamente ha affrontato i difficili o irrisolti quesiti della sua materia: è uno dei più combattivi e convinti fustigatori della malauniversità nazionale, e non solo nazionale; è lui stesso protagonista-vittima del clamoroso caso di malauniversità di cui abbiamo già accennato, quello in cui sono appunto coinvolti i “baroni” dell’Economia agraria sopra citati: un caso ancora aperto che “Ateneo Palermitano” sta seguendo con le sue cronache in diretta dal “Tribunalino” della Pace di Roma (chi ha voglia di rinfrescarsi la memoria può scorrere i vari articoli sull’argomento, a cominciare dal primo, del giugno 2006).

Ma mettiamo da parte per una volta le note polemiche sulla cattiva gestione degli Atenei italiani e complimentiamoci con i premiati: non capita a tutti e tutti i giorni ricevere un Fellow in ambito internazionale.
Peccato che i maggiori rappresentanti dell’Economia agraria siciliana ne siano stati esclusi: la vetrina per loro è rimasta, ahimé, ancora una volta con la saracinesca tristemente abbassata.


 


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