novembre-dicembre 2008 numero 82/83

attualità
Processo Mercadante: interrogato per tre ore dal Pm
il radiologo e docente universitario palermitano
“Contro di me un castello accusatorio, ma io non sono creatura di Provenzano”

di  n. n.

nella foto: Giovanni Mercadante

Tre ore di interrogatorio, tre ore in cui gli hanno chiesto di tutto, dalle sue supposte conoscenze con i boss Angelo e Bernardo Provenzano ai presunti favori elettorali che avrebbe ricevuto da Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss Totò.
Lui ha negato tutto, ha negato sempre, fino al punto da fare spazientire il presidente Bruno Fasciana, che gli ha detto secco: “La sua ricostruzione non è verosimile”.
Poi un’ammissione: l’essere andato avanti in politica – Mercadante è anche un ex deputato di Forza Italia – grazie all’aiuto del corleonese Leoluca Di Miceli, poi arrestato e condannato per mafia. “Mi diede una mano per le campagne elettorali del ’94, ’96 e 2001”.

L’accusa però va giù dura e richiama le intercettazioni ambientali da cui sarebbe emerso che l’imputato avrebbe personalmente eseguito – ma anche fatto eseguire – esami diagnostici alla compagna di Provenzano. L’imputato, naturalmente, ha continuato a negare.

Del caso Mercadante ci siamo occupati più volte nel corso di questi anni. Per ricordare com’è cominciata la storia, vi rimandiamo al primo articolo dell’estate 2006.

 


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