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    “La domanda 
	giusta vale molto di più di una risposta corretta” (Albert Einstein) 
	 
  
	Molti ignorano che la 
	privatizzazione dell’Università italiana è cominciata – senza alcuna 
	obiezione da parte di chicchessia – nel 1989 (come abbiamo scritto 
	in un 
	precedente articolo), con la promulgazione della legge 56/89 intitolata 
	“Ordinamento della professione di psicologo”. L’articolo 3 di tale legge 
	costituisce il cavallo di Troia della privatizzazione delle Scuole di 
	specializzazione – che fino ad allora erano state rigorosamente di tipo 
	universitario – ammettendo che la preparazione dello psicoterapeuta possa 
	avvenire anche presso “istituti a tal fine riconosciuti”. Naturalmente si 
	tratta di privatizzazione “Italian style”, dove il Miur – attraverso il suo 
	ormai ex direttore generale Antonello Masia – ha fatto finora da padrino 
	tutelare in ogni minimo dettaglio dell’organizzazione di queste Scuole. 
  
	La commistione tra pubblico e privato è sempre inefficiente e, molto spesso, 
	pericolosa perché non si sa a chi attribuire la responsabilità della 
	gestione fallita. Infatti, si sarebbe potuto ipotizzare che – data la 
	strenua difesa dell’Università statale proveniente da larga parte 
	dell’opinione pubblica italiana – l’uso del cavallo di Troia sarebbe stata 
	l’eccezione, piuttosto che la regola.  
	 
	E invece così non è stato. Gruppi privati di psicologi hanno fatto man bassa 
	delle autorizzazioni concesse dal Miur e si sono spartiti la torta delle 
	Scuole di specializzazione in Psicoterapia, provincia per provincia, 
	determinando una casistica che presenta aspetti veramente assurdi. Antonello 
	Masia, infatti, non è riuscito a seguire con attenzione il proliferare 
	micologico delle Scuole e a verificarne la qualità se il 27 febbraio 2009 ha 
	dovuto emanare un 
	Decreto Direttoriale 
	di revoca
	del riconoscimento di una Scuola di specializzazione che era stata 
	autorizzata poco prima (il 24 ottobre 2008). 
  
	Questo caso non è che la punta dell’iceberg di uno stato di cose caotico e 
	talvolta perfino scandaloso riguardante in particolare le Scuole private di 
	Psicoterapia, uno stato di cose che sembra essere sfuggito di mano sia al 
	legislatore sia al Miur, per non parlare del Ministero della Sanità. 
	 
	Perché la preparazione alla professione di psicoterapeuta è stata affidata 
	alle Scuole private di Psicoterapia? Quali sono le ragioni didattiche e 
	scientifiche che giustificano una simile scelta? La preparazione di una 
	figura professionale così importante – anche se controversa – è un fatto 
	essenziale per la salute pubblica: le malattie della psiche non sono da 
	trattarsi con minore attenzione delle malattie del corpo. Si accetterebbe, 
	infatti, di affidare la preparazione dei medici e dei chirurghi a Scuole 
	private nate come funghi, riconosciute dal Miur sulla base di una semplice 
	relazione fatta – e mantenuta segreta – da una Commissione nazionale? Come 
	fa questa Commissione a produrre tante relazioni competenti e affidabili in 
	grado di garantire la serietà scientifica e organizzativa delle Scuole 
	private?  Tutte domande che attendono risposta dalle Autorità competenti. 
	 
	Nel frattempo, quante sono le Scuole private di Psicoterapia autorizzate dal 
	Miur nell’arco di sedici anni, dalla prima del 1993 ad oggi? Sembrerebbe una 
	domanda scontata e invece non è così. Per rispondere correttamente occorre 
	precisare che il numero fornito vale solo per la data del suo calcolo e 
	potrebbe non essere corretto una settimana dopo.   
	Di recente, il Miur ha pubblicato 
	l’elenco degli Istituti di Psicoterapia, 
	aggiornato al 20 marzo 2009, dal quale si può calcolare (contandole una per 
	una) che le Scuole private autorizzate sono 203 spalmate su 338 sedi 
	centrali e periferiche. In sostanza, dunque, le sedi didattiche sarebbero 
	338. Ma se si consulta 
	l’altro sito online del Miur, 
	e si sommano le sedi delle Scuole nelle venti regioni italiane, si arriva ad 
	un totale di 320 sedi didattiche, alcune delle quali non sono indicate 
	nell’elenco del 20 marzo 2009. Quindi, anche usando gli strumenti del Miur, 
	si arriva a numeri contrastanti, il che induce a pensare che il “turnover” 
	delle Scuole sia talmente incessante da non dare il tempo agli addetti delle 
	pagine web del Miur di coordinarsi tra loro. 
	 
	Il Miur ha assegnato un codice numerico progressivo a ciascuna Scuola 
	autorizzata e, stando all’elenco ufficiale, il codice ha raggiunto il 
	livello di 251. Pertanto, se si tiene conto che le Scuole attualmente 
	autorizzate sono 203, si deve concludere che nell’arco di sedici anni è 
	stato revocato il riconoscimento a 48 Scuole (non è possibile il calcolo di 
	quante sedi didattiche siano state de-autorizzate e, quindi, il numero è 
	senza dubbio maggiore). E chissà quanti psicoterapeuti – tuttora operanti 
	sul territorio – queste Scuole avranno abilitato prima di essere 
	disconosciute. 
	 
	L’impressionante “turnover” non è fisiologico. È solo un indice che il 
	riconoscimento dato dal Miur è stato fatto in modo affrettato e superficiale 
	in modo tale che non è stato possibile realizzare l’impegno a fornire una 
	specializzazione di qualità da parte della Scuola de-autorizzata. E chi 
	garantisce che le rimanenti e ancora numerosissime Scuole saranno in grado 
	di fornire una preparazione adeguata agli psicoterapeuti che opereranno sul 
	territorio? Sempre quel Miur e quella Commissione nazionale che – operando con il sistema in atto – non hanno saputo 
	distinguere il grano dalla gramigna in almeno 48 volte su 251? Come mai non 
	esiste una separazione di autorità e di poteri tra l’organo che autorizza e 
	quello di vigilanza con autorità di revoca del riconoscimento? Una questione 
	elementare di gestione trasparente. 
	 
	Questo articolo contiene più domande che risposte. Ma, come disse Albert 
	Einstein, la domanda giusta vale molto di più di una risposta corretta.  
	Tutto dipende dalla segretezza con cui il Miur gestisce le informazioni 
	riguardanti un tema di interesse pubblico come le Scuole di Psicoterapia. Se 
	le relazioni della Commissione, il nome dei suoi membri, e i documenti in 
	mano alla Direzione Generale dell'Università fossero resi pubblici, si 
	otterrebbe un duplice effetto: una maggiore severità nei criteri di 
	riconoscimento delle Scuole e la possibilità per il cittadino di controllare 
	la qualità della preparazione degli psicoterapeuti che operano nel 
	territorio in cui egli vive. Non si deve dimenticare, infatti, che qui si 
	tratta di salute pubblica, e che la Psicoterapia sta assumendo sempre più 
	importanza nelle scuole e nelle istituzioni pubbliche. È noto, infatti, che 
	le Scuole di specializzazione di cui si parla – nonostante i programmi 
	teoricamente quadriennali – funzionano ogni anno soltanto durante una breve 
	serie di weekend. Affidereste la salute mentale dei vostri figli a un 
	qualsiasi psicoterapeuta diplomato da una qualsiasi delle 338 Scuole di 
	Specializzazione autorizzate da Antonello Masia? (diventate 
	intanto 340, come si può leggere sull'articolo di apertura di questo numero, n.d.r.)  
	 
	Gli psicoterapeuti possono essere abilitati anche da una sparuta pattuglia 
	di Scuole di specializzazione universitarie di Psicologia Clinica – 
	quattordici per la precisione – appartenenti alle Università di Firenze, 
	Messina, Milano, Napoli Federico II, Padova, Roma La Sapienza, Torino, 
	Insubria-Varese, Siena, Bari, Bologna, Genova, Cattolica-Roma.  
	 
	La cronaca di queste Scuole e della disputa che il Consiglio Nazionale 
	dell’Ordine degli Psicologi ha portato avanti contro le Università di 
	Padova, di Roma La Sapienza e di Napoli Federico II rappresenta un altro 
	esempio di come l’organizzazione della preparazione degli psicoterapeuti sia 
	ancora in uno stato caotico dove il Miur e qualche Tribunale Amministrativo 
	Regionale si schierano contro il Consiglio di Stato e l’Ordine degli 
	Psicologi.  
	 
	Nell’intenzione originaria del Miur, le Scuole di Specializzazione in 
	Psicologia Clinica avrebbero dovuto far parte delle Scuole di 
	Specializzazione gestite dalle Facoltà di Medicina e Chirurgia e avrebbero 
	dovuto ammettere sia laureati in Psicologia, sia laureati in Medicina e 
	Chirurgia. L’Ordine degli Psicologi ha fatto ricorso contro questa 
	interpretazione sostenendo l’idea che soltanto i laureati in Psicologia 
	abbiano diritto ad essere ammessi a dette Scuole. Il Consiglio di Stato per 
	ben tre volte ha sostenuto questa linea 
	nelle sentenze del 2004,
	2007
	e ancora 2007 
	che riguardano, rispettivamente, le Università di Padova, Roma La Sapienza e 
	Napoli Federico II.  
	 
	Ma quello che vale per queste Università, secondo le sentenze del Consiglio 
	di Stato, può non valere per le altre, perché il Consiglio di Stato non ha 
	un organo che verifichi l’esecuzione delle sue sentenze. E infatti 
	attualmente ci sono 
	Scuole di Specializzazione universitarie in Psicologia 
	Clinica che ammettono solo laureati in Psicologia (Firenze, Messina, Milano, 
	Napoli Federico II, Padova, Roma La Sapienza, Torino, Insubria-Varese)
	e Scuole che ammettono sia laureati in Psicologia, sia laureati in Medicina 
	e Chirurgia (Siena, Bari, Bologna, Genova, Napoli Federico II, 
	Cattolica-Roma). 
	 
	Una situazione al limite del ridicolo e dell’insulto per i giudici del 
	Consiglio di Stato si verifica all’Università di Napoli Federico II, la cui 
	Facoltà di Medicina e Chirurgia ha organizzato ben due Scuole di 
	Specializzazione in Psicologia Clinica. La prima Scuola porta il Codice 
	732 
	(a che cosa il codice si riferisca non è detto) e ammette soltanto laureati 
	in Psicologia. 
	Nel Bando esposto sul sito della Scuola si legge:  
	“La nota del Ministero dell’Università e della Ricerca, prot.n. 4005 del 
	21.12.2007, con la quale veniva comunicato che ad integrazione della nota n.3559 
	del 14.12.2007 riguardante le Scuole di Specializzazione di Psicologia 
	clinica afferenti alle Facoltà di Medicina e Chirurgia si fa presente che, 
	considerato che la Sentenza del Consiglio di Stato n. 4483/2007 sottolinea 
	che l’accesso alle scuole di Psicologia clinica, deve essere riservato ai 
	soli psicologi, si chiarisce che le scuole di cui in oggetto possono essere 
	ancora mantenute in vita con l’ordinamento previgente al D.M. 1.8.2005, 
	purchè vengano emessi bandi rivolti solo a Psicologi”. 
	Cioè, l'ex direttore generale del Miur avrebbe suggerito che la sentenza del 
	Consiglio di Stato si sarebbe potuta eseguire facendo bandi separati per 
	laureati in Psicologia e per laureati in Medicina e Chirurgia. Ma per la 
	città di Pulcinella era più semplice organizzare due Scuole di Psicologia 
	Clinica, completamente separate (tanto chi paga è sempre il solito 
	Pantalone), la prima – come abbiamo già detto – per soli psicologi mentre la 
	seconda Scuola, che porta il Codice 
	736, ammette sia laureati in Psicologia, 
	sia laureati in Medicina e Chirurgia, cioè come era all’origine la volontà 
	del Miur. Non è facile nemmeno per il Consiglio di Stato far cambiare idea a 
	dirigenti come l'ormai ex Direttore Generale dell’Università. 
	 
	Data la situazione delle Scuole private e pubbliche descritta sopra, è 
	possibile parlare di anarchia nel settore della preparazione degli 
	psicoterapeuti? Senza considerare, poi, il vero problema che riguarda la 
	salute pubblica e cioè quale sia il legame tra gli psicoterapeuti e gli 
	psichiatri e la loro funzione specifica nelle strutture della Sanità 
	nazionale.  
	 
  
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